Ignazio Visco e il richiamo a Einaudi: inflazione energetica “tassa ineludibile” ma no a ritorni alla scala mobile

Il Governatore della Banca d’Italia ha svolto le proprie Considerazioni annuali con il ritorno in presenza di un grande pubblico di autorità dopo l’emergenza pandemica. Diversi i richiami alla necessità di una maggiore educazione e alfabetizzazione finanziaria su cui converge il pensiero dei più autorevoli rappresentanti del settore bancario da Antonio Patuelli a Beppe Ghisolfi. Ignazio Visco ha svolto nuovamente in presenza le proprie Considerazioni annuali come Governatore della Banca d’Italia. Un segnale esso stesso di ripresa e fiducia dopo il biennio di distanziamento dettato dall’emergenza sanitaria da coronavirus.

Questo tuttavia è un prologo che fa parte di uno scenario generale che rimane incerto a vari livelli; e se il presente è il frutto di corsi e ricorsi storici, allora torna attuale la lezione di Einaudi sulla vera natura dell’inflazione. La variazione del livello dei prezzi è “una tassa ineludibile”, così l’ha definita Visco recuperando la celebre definizione dello statista ed economista piemontese e primo Presidente della Repubblica (dopo la reggenza provvisoria di De Nicola) che definì l’inflazione “una odiosa tassa sui poveri”.

Ineludibile perché, nello specifico italiano ed europeo, causata da fattori importati a cominciare dai prezzi dell’energia, del gas e delle materie prime agricole. Su che cosa occorra fare in reazione a ciò, il Governatore di Bankitalia interviene con un monito a rifuggire soluzioni semplicistiche e populistiche: una di queste sarebbe il da più parti invocato ritorno a forme più o meno palesi di scala mobile, il cui risultato – avverte Visco – si tradurrebbe non nel recupero di un reale potere d’acquisto dei redditi più esposti ai rincari al dettaglio, ma al contrario in una spirale fine a se stessa destinata ad auto-alimentarsi e a beneficiare unicamente gli speculatori e quanti attuano meccanismi di trasferimento dei maggiori costi delle importazioni sui prezzi finali.

Ignazio Visco con il presidente dell’ABI Antonio Patuelli

Di contro, la soluzione del numero uno di via Nazionale è più impegnativa e responsabilizzante per i decisori pubblici della politica economica e fiscale, il cui compito è quello di rendere sostenibile nell’immediato l’onere di questa “tassa ineludibile” redistribuendo opportunamente il peso della stessa tra il lavoro, gli altri fattori produttivi e la fiscalità generale. Nello specifico, la soluzione indicata è quella di concertare e incoraggiare aumenti “una tantum” delle retribuzioni più vulnerabili, mentre al governo spettano gli interventi finalizzati a ridurre l’impatto delle bollette su famiglie e imprese utilizzando sia la leva tributaria che strumenti più semplificati per la diversificazione degli approvvigionamenti e delle fonti energetiche.

Le soluzioni devono essere mirate, secondo il Governatore, non soltanto alle singole classi o a determinati scaglioni reddituali, ma a interventi che abbiano come sfondo una riforma fiscale non più parziale ma finalmente organica, in grado di sostenere la produttività, l’innovazione e la partecipazione al mercato del lavoro che sono i tre nodi per colpa dei quali i salari sono da trent’anni ristagnanti in Italia.

Il vertice di via Nazionale è altrettanto univoco sui temi del risparmio familiare e del debito pubblico, due temi fra loro collegati perché è evidente che l’oramai certo aumento del costo del denaro da parte della BCE dal prossimo luglio porterà molte famiglie risparmiatrici a prediligere i titoli di Stato e le obbligazioni del Tesoro, che tornano sul mercato competitivo dei capitali dopo la chiusura del paracadute del “quantitative easing” della Banca centrale europea. Di certo, le banche commerciali al dettaglio hanno sempre svolto un ruolo importante nel contenimento dell’onere del debito statale, in qualità di soggetti sottoscrittori di tagli importanti dello stesso, ma ciò non toglie che mancando interventi mirati di politica pubblica finanziaria e fiscale, le conseguenze della nuova politica monetaria continentale di Christine Lagarde e del ritorno ai tassi positivi, ove attuato in modo repentino e brusco, sia un aumento dello spread destinato a colpire la generalità dei contribuenti e chi necessita di liquidità da richiedere a prestito.

Una prospettiva che chiama in causa la stessa Unione Europea, la quale senza dover per forza passare dai tempi lunghi delle modifiche dei propri trattati istitutivi è chiamata a mettere in atto un progetto di condivisione almeno parziale dei debiti sovrani (in particolare le emissioni straordinarie seguite allo shock pandemico e non più rinnovate dalla BCE) che metta il vecchio Continente al riparo dalla eccessiva volatilità dei mercati dei capitali e delle materie prime e porti a una stabilizzazione dei meccanismi sperimentati con il Next generation Eu e con il recovery fund.

Il Governatore della Banca d’Italia con il Banchiere internazionale Beppe Ghisolfi: il secondo converge con il primo sulla priorità da accordare all’educazione finanziaria e sulla definizione di inflazione in senso einaudiano come “tassa” passibile di gravare sui redditi e risparmi più vulnerabili

Le scelte in tema fiscale, così come gli interventi nel campo di una “più accentuata alfabetizzazione finanziaria”, vanno orientate a tutelare i cittadini dalle maglie della speculazione e a incoraggiare, in condizioni di assoluta tracciabilità e trasparenza, la destinazione di una quota maggiore del risparmio familiare diffuso verso il sistema delle imprese residenti nel territorio nazionale.

Qui il ruolo che può essere svolto dai cosiddetti investitori istituzionali, e dal mondo della finanza non bancaria, è di tutto rilievo e rispetto, pur partendo sempre dalla premessa che nessun investimento finanziario è a rischio zero o nullo, e che la sfida vera in capo alle società autorizzate alla raccolta del risparmio gestito è, in senso duplice, di assicurare adeguata e chiara informativa al pubblico dei risparmiatori e di strutturarsi al proprio interno con nuclei di valutazione capaci di individuare settori e aziende a più elevato potenziale di crescita verso cui fare convergere su basi fiduciarie quote più elevate di risparmio acquisito.

Del quale appena pochissimi punti percentuali, il 5 per cento su un totale di 1300 miliardi in portafoglio, è stato indirizzato alle imprese italiane, a fronte di quasi il 50 per cento dedicato alla sottoscrizione e all’acquisto di titoli azionari e obbligazionari emessi da società estere.

D’obbligo, infine, una riflessione sulle criptovalute: il Governatore Visco non le condanna in via aprioristica, tuttavia ne evidenzia i fattori di rischio connessi alla vocazione speculativa di alcune di esse e alla circostanza che, mancando a oggi una regolamentazione pubblica di tipo universale, tali strumenti monetari mantengono un carattere privatistico che comporta rischi anche alti di insolvenza.

Viceversa, accelerare su una disciplina istituzionale e su un sistema di vigilanza di livello globale, così come sulla introduzione dell’euro digitale, può avere conseguenze virtuose sul mercato criptovalutario le cui infrastrutture informatiche, come blockchain e registri distribuiti (dlt) possono corrispondere a interessi di natura pubblica.

L’editoriale di AZ

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