Scatta la norma Chinatown, Giorgetti mette nel mirino le partite Iva di comodo

Si entra a tutti gli effetti nella fase attuativa della cosiddetta disposizione Chinatown: così era stato soprannominato, fin dalla campagna elettorale del trascorso mese di settembre, il punto programmatico con cui l’allora candidata Premier, e leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni aveva annunciato una intensificazione dei controlli nei confronti delle partite Iva fasulle, di comodo o per troppo tempo inattive che vengono a un certo punto messe di nuovo in esercizio.


Un fenomeno rispetto al quale una certa maestria e abilità viene normalmente attribuita agli imprenditori di nazionalità cinese che, dopo l’avviamento – assolutamente regolare – delle proprie attività in territorio italiano, a un certo punto mettono in atto mutamenti di gestione, cambi di titolarità e di oggetto sociale e attivazioni di filiere di fatto tra le stesse: tutte operazioni per effetto delle quali le somme incassate dalle vendite di beni e servizi vengono fiscalmente compensate, sfuggono all’attività impositiva diretta e anche l’IVA risultante dagli scontrini si trasforma in un credito non dello Stato ma nei confronti di quest’ultimo.

Un report della Guardia di Finanza, relativo al Nord Est, evidenziava che fino al 2020, anno del primo shock pandemico globale partito da Wuhan, nel Nord Est il ritmo di apertura di attività di lavoro autonomo da parte di cittadini originari del Paese del Dragone era in media di mille all’anno: per un totale di 15.000 posizioni Iva che erano state aperte fra il 2008 e l’anno che avrebbe portato il mondo intero alle chiusure dei lockdown.

Sconcertante il dato relativo alle dichiarazioni dei redditi ai fini Irpef e dei corrispettivi agli effetti dell’IVA: zero assoluto nel 55 per cento dei casi, tra 6000 e zero euro di fatturato in un altro 20 per cento del campione. Nel 2021, a consuntivo dell’inchiesta non a caso denominata “la via della seta”, le Fiamme gialle avevano scoperto frodi fiscali per 300 milioni di euro e trasferimenti in Cina per 150 milioni da traffico illecito di rifiuti.

È infine di due mesi fa l’ulteriore esito investigativo con cui la GDF del comando di Oristano ha portato alla luce una rete di aziende di comodo che avrebbero dichiarato operazioni inesistenti per 200 milioni sottraendo gettito erariale per 37 milioni.

La disposizione varata dal Governo Meloni e inserita nella legge di bilancio e di stabilità, è stata oggetto di una articolata circolare esplicativa da parte dell’agenzia delle entrate. In essa viene stabilito che i controlli partiranno in automatico all’apertura della partita Iva. In caso di sospetta irregolarità il cittadino verrà chiamato a chiarire la propria posizione esibendo la documentazione necessaria. In caso non si riesca a dimostrare la buona fede, il rischio sarà di incappare nella chiusura d’ufficio della partita Iva oltre a essere assoggetta a multe fino a 3mila euro.

Successivamente, al secondo tentativo di aprire una partita Iva, il procedimento sarà ancora più complesso e oneroso: il lavoratore dovrà istituire una polizza fideiussoria (o una fideiussione bancaria) per almeno 50mila euro e per un minimo di 3 anni, in pratica il periodo corrispondente all’avviamento e al primo consolidamento dell’attività. L’apparato sanzionatorio, che in un primo momento era esteso anche agli intermediari contabili, nella versione finale esonera questo ultimi.

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...