Per intanto sale il dibattito sui rendiconti trimestrali delle Banche: sulla 7, all’Aria che tira, si è svolto un confronto fra il Banchiere internazionale e scrittore Beppe Ghisolfi e il sindacalista Giorgio Cremaschi, mediato dalla conduttrice Myrta Merlino, sul ruolo della crescita dei tassi di interesse nella determinazione degli elevati utili lordi del settore bancario.
Il debito pubblico sfiora i 2790 miliardi e cresce mensilmente di 2,7 miliardi, prosciugando le disponibilità liquide della direzione generale del Tesoro nel tentativo di fronteggiare la risalita degli stock e dei costi di emissione seguita al rincaro dei tassi di interesse determinato nel corso dei dodici mesi più recenti dalla politica restrittiva e monetaristica della BCE, sebbene quest’ultima sia indicata come prossima a una svolta più moderata sul terreno dei ritmi di incremento del costo del denaro.
Le buone notizie che si scorgono nell’analisi di questa ennesima impennata del passivo statale sono da rinvenirsi, purtuttavia, nella stabilità della quota di obbligazioni pubbliche italiane nei portafogli degli investitori esteri, pari al 26,6 per cento, e nella maggiore incidenza di bond del Tesoro sottoscritti e detenuti dai cosiddetti residenti non istituzionali, in pratica le famiglie, in una misura corrispondente al dieci per cento del totale e in termini assoluti a 71,5 miliardi in più.
Soltanto con riferimento al mese di marzo, sono state collocate ulteriori emissioni di BTP Italia, con scadenza a 5 anni, per oltre otto miliardi e mezzo.
Molto forte, in linea con ciò, è l’attesa per giugno connessa al debutto della linea denominata BTP valore, con cedola fissata al 3,5 per cento e durata dell’investimento fra i tre e i quattro anni, in uno scenario turbolento segnato dalla contrazione della liquidità circolante a costo zero per effetto della venuta meno della strategia accomodante della BCE.
A determinare il successo di quest’ultimo prodotto sarà il tipo di verdetto che questo venerdì verrà emesso dall’agenzia di rating valutativo Moody’s, dopo il sospiro di sollievo seguito al giudizio di Fitch. Nel caso, alquanto prevedibile, in cui venisse confermato l’attuale livello di affidabilità non speculativa sul nostro debito pubblico, l’interesse degli investitori soprattutto istituzionali potrebbe riprendersi in maniera vigorosa mantenendo basso il livello dello spread e rafforzando il valore capitale dei titoli statali.
Ciò per effetto della acquisita consapevolezza della stabilità del Governo Meloni e della linea di prudenza fiscale che esso ha intrapreso e che al momento pare riscuotere la fiducia del proprio elettorato – certificato in ultimo dagli esiti delle elezioni comunali del 14 e 15 maggio appena trascorsi – e nonostante l’Italia, per il tramite del ministro Giancarlo Giorgetti, rimanga ferma nel proprio proposito di non ratificare in via parlamentare la riforma del trattato del Mes, già recepita da tutti gli altri Stati della UE, se non in cambio di qualche significativa concessione sugli altri due fronti della revisione del patto di stabilità e crescita, affinché non siano più conteggiate nel parametro del deficit le spese di investimento funzionali al pieno utilizzo dei fondi UE, e dell’Unione bancaria, attraverso la statuizione di un fondo continentale di garanzia sui depositi.
Circostanze non ben viste e peggio accolte dai Paesi nordici.
Nel frattempo, ieri a mezzogiorno, negli studi del popolare programma della 7 L’aria che tira, condotto da Myrta Merlino, il Banchiere internazionale e scrittore Beppe Ghisolfi è stato ospite e commentatore in collegamento dalla provincia di Cuneo, sui temi dell’educazione finanziaria, degli effetti dell’inflazione bellica e dei risultati trimestrali degli istituti bancari, in ciò confrontandosi con il giornalista economico Alan Friedman e soprattutto con il sindacalista e politico Giorgio Cremaschi. Quest’ultimo in particolare ha additato criticamente il ruolo degli alti interessi che verrebbero praticati dalle banche nei confronti dei mutuatari a seguito dell’allineamento dei tassi della BCE all’alta inflazione.
Per converso, i rendiconti del primo trimestre, se è vero che evidenziano utili lordi più elevati delle aspettative, sono destinati a mettere in conto la necessità di fronteggiare eventuali perdite di valore e deprezzamenti dei titoli detenuti in portafoglio – non dimentichiamo che il settore bancario concorre alla calmierazione del servizio del debito pubblico per un totale di 440 miliardi di euro – e a tradursi sia in piani di assorbimento patrimoniale e delle garanzie pubbliche e private, sia in maggiori dividendi per gli azionisti Istituzionali a partire dalle fondazioni ex bancarie che li restituiscono ai rispettivi territori in firma di erogazioni per sanità, assistenza sociale, istruzione e cultura.
Il direttore editoriale Alessandro Zorgniotti