Il Governatore della Banca d’Italia, nel corso delle assemblee plenarie di Fondo Monetario Internazionale e Banca Mondiale, è tornato sui temi dei livelli di sicurezza del mercato dei servizi bancari e sugli scenari di intervento della politica monetaria di fronte alla perdurante alta inflazione. Confermando in maniera indiretta la necessità di una politica economica fiscale che affianchi quella strettamente di competenza di una Banca centrale come la BCE, il cui compito è quello di presidiare la stabilità dei prezzi con la leva dei tassi di riferimento. Altrimenti detta: del costo del denaro caricato su famiglie e imprese.
In parole semplificate: se il potere d’acquisto dei salari reali medi è sostanzialmente stagnante da trent’anni, allora la componente che sta crescendo, oltre una certa soglia di compatibilità, è quella connessa alla redditività (“i margini di profitto”, secondo Visco) delle imprese operanti in specifici settori dove non viene recepita, nei prezzi praticati al dettaglio e al pubblico, la riduzione delle quotazioni dell’energia.
La questione, così tradotta, è di una chiarezza lampante per chiunque, e suscita un certo effetto constatare come su questo piano le analisi del nostro Banchiere centrale arrivino sostanzialmente a convergere, nel merito, con quelle del Segretario della CGIL Maurizio Landini, le cui differenze dal pensiero di Visco sono radicali, viceversa, per quanto riguarda le politiche da assumere nei confronti dei livelli di retribuzione: da adeguare in misura coerente, simmetrica e tempestiva al maggiore costo della vita, secondo il leader del più rappresentativo sindacato dei lavoratori dipendenti e pensionati; da tutelare con misure temporanee e limitate ai redditi più bassi, e da agganciare alla produttività del lavoro, senza cedere alla tentazione di rincorrere i prezzi, secondo il numero uno di Via Nazionale.
Se quindi il dato inflazionistico di fondo continua a presentarsi piuttosto sostenuto, e a non risentire beneficamente del calo dei prezzi all’importazione e all’ingrosso dell’energia, in particolare del gas, a tal punto – sono le conclusioni di Visco – a ciascun ambito decisionale della politica economica tocca compiere il proprio mestiere sino in fondo: alla Banca centrale europea, BCE, spetterà l’onere di procedere a un ennesimo ritocco al rialzo dei tassi di riferimento; alle autorità fiscali, ossia Governo e Parlamento, toccherà (o visti i precedenti dovrebbe toccare) il compito di mettere a punto interventi, di natura eccezionale, per fare in modo che parte della quota extra dei profitti di alcuni settori (energetico e non solo) e categorie d’impresa sia tassata in maniera da confluire in un fondo dedicato per la fiscalizzazione del costo contributivo del lavoro, la riduzione delle bollette a famiglie e micro imprese, l’abbassamento dell’IVA sui generi di prima necessità.
Il governo Draghi e l’attuale esecutivo di Giorgia Meloni, su questo secondo pilastro, hanno entrambi fallito il bersaglio: tanto che successivi provvedimenti di palazzo Chigi hanno addirittura portato a diminuire le basi imponibili esonerando dalle stesse le quote di utili conferite a riserva speciale del patrimonio netto aziendale. Eppure la soluzione è già stata brillantemente e da tempo indicata da alcuni validi economisti ed esperti del diritto tributario: essa proverrebbe da una anticipazione del disegno di legge delega del Governo sul riordino del sistema, e consisterebbe nella applicazione di una addizionale Ires, l’imposta sulle società, limitata a quei casi che hanno registrato una lievitazione atipica degli utili di esercizio nei periodi osservati dalla fase immediatamente post pandemica a oggi; e in una sospensione dell’IVA sui prodotti necessari al sostentamento alimentare e alla cura di base della persona e della famiglia fino al ritorno dell’inflazione ai livelli tendenziali del trattato di Maastricht.
Una lettura chiara, e alla portata di tutti, famiglie e ragazzi, del fenomeno inflazionistico, si evince dalla definizione che ne dà il combinato della spiegazione racchiusa nei due più recenti best sellers del Banchiere internazionale e scrittore Beppe Ghisolfi: Abbecedario e Bignamino, editi entrambi da Nino Aragno nel 2022. Una componente inflattiva è inevitabile, poiché viene innescata dal naturale andamento della legge su domanda e offerta, soprattutto nel momento in cui nel 2021 l’economia globale venne riaperta dopo i blocchi alla circolazione di persone e merci a causa della pandemia; in tal caso, essa viene recuperata tramite una maggiore redditività e produttività del lavoro d’impresa, autonomo e dipendente, qui sta alla politica trovare il punto di equilibrio perché i benefici della ripresa dei mercati siano fruibili da tutte e tre queste categorie. Altro discorso è la componente speculativa legata al particolare funzionamento di strumenti come i derivati, bene spiegati nei due Manuali: titoli che scommettono al rialzo e che, in assenza di regolazioni legali efficaci, hanno portato alle quotazioni abnormi del 2022.
L’alternativa all’inflazione sono tre scenari: la disinflazione, quella perseguita dai tassi di riferimento della BCE; la stagflazione, ossia il ristagno della domanda e della ricchezza nazionale a cui non segue un calo del livello dei prezzi; e la deflazione, cioè il crollo di questi ultimi a causa del calo verticale di ordini e produzioni. La chiarezza del linguaggio dei Manuali, su questi capitoli, venne apprezzata – come si evince dai resoconti del Professor Ghisolfi – anche da Bianca Berlinguer, volto di punta della Rai e figlia del compianto grande leader del PCI Enrico, protagonista quest’ultimo delle più importanti battaglie degli anni Settanta e Ottanta del Novecento sulle conquiste del salario reale.
Il direttore editoriale Alessandro Zorgniotti