Siamo infatti nel 1995, anno in cui Palenzona siede ai vertici della Provincia di Alessandria, quando ancora le elezioni si decidevano con la preferenza espressa dai cittadini: “Eravamo a luglio 1995, il Ragioniere Capo della Provincia mi dice: “Dottore, ci sarebbe da nominare la persona che entra nella Fondazione della Cassa di Risparmio di Torino per la Provincia di Alessandria. Scade a settembre, ci vada lei per questi due mesi, inutile nominare qualcuno che poi scadrebbe quasi subito”. Io non ci volevo andare. So che non è facile da capire, ma per gente come noi, cresciuta con la politica, era la politica il centro vero delle cose. Noi volevamo fare politica, non volevamo fare banca, per usare un’espressione tanto di moda negli ultimi tempi. E io non ne avevo voglia di fare banca, non mi interessava. Per chi faceva politica la banca era uno degli strumenti, non era lei, non doveva essere lì, la regia dello sviluppo. Mi convinco e vado perché era la soluzione più semplice ed economica. E mi accorgo che lì c’è un mondo. E che mondo! Guai a ritenerla marginale rispetto alla politica. Anzi: lì si gioca il nesso tra territorio, comunità e risparmio. Per capirci, erano 24 miliardi di vecchie lire, circa, che venivano ogni anno ridistribuite al territorio per aiutare le comunità. E capisco subito che quello è un mondo che va pensato anche attraverso la politica”.
Fabrizio Palenzona, allievo politico di Carlo Donat Cattin nella DC, nato il primo settembre di 70 anni fa “mentre a Roma De Gasperi lasciava per sempre palazzo Chigi”, fino a quel momento era avviato a una brillante carriera nel mondo dell’associazionismo di categoria, come dirigente nazionale dei settori autotrasporto e logistica, e nell’agone politico, dove le sue qualità umane e amministrative erano già emerse come Sindaco di Tortona e stavano altresì emergendo alla presidenza della Provincia. Tutto lasciava presagire il Parlamento come un naturale orizzonte. Ma quella sua decisione di accettare, infine, l’ingresso nel Consiglio della CRT dalla porta principale delle Istituzioni, avrebbe inciso per sempre sul prosieguo della vita e del lavoro, portandolo in seguito ai vertici di Unicredit e tra i ranghi più alti del settore bancario nazionale.
Fino a oggi, con l’elezione alla carica più alta di quella CRT da cui la svolta esistenziale prese avvio.
“L’ingegneria finanziaria ha un senso, purché sia finalizzata all’economia reale – scrive ancora Palenzona nel best seller “dell’amico Ghisolfi” – I banchieri non fanno soldi con i soldi, o meglio non dovrebbero fare soltanto quello: i banchieri sono gente che dovrebbe stare lì, di fronte alle comunità, con il compito di sapere e indicare come si può fare a permettere alle comunità di ottenere il credito nel modo migliore e vantaggioso possibile, e di intraprendere senza troppe paure e riducendo i rischi. Da Pozzolo Formigaro è partito un nesso, quello con le persone e con le comunità di origine e di riferimento, che per me non si è mai spezzato”.
Fabrizio Palenzona, in virtù della propria elezione al vertice della CRT, porta quindi a due i Presidenti di Fondazioni bancarie narrati da Beppe Ghisolfi nei Banchieri (dove non compare infatti l’allora presidente della Cassa di Risparmio di Torino): l’altro, e fino a oggi unico profilo in tal senso biografato, è quello di Francesco Profumo, già nel 2018 alla guida della Compagnia di San Paolo e che sarebbe in seguito assurto alla Presidenza tuttora in carica dell’Associazione ACRI (dove sono riunite la generalità delle Casse di Risparmio e degli enti di origine bancaria).
Un dato è con certezza desumibile fin da ora: il ruolo di Palenzona al timone della terza Fondazione di origine bancaria Italiana, che ne fa un azionista di rilievo di grandi gruppi creditizi e finanziari a partire da Unicredit (oltre al Banco BPM e alla dibattuta partecipazione nel Gruppo Generali), è destinato a consolidare il ruolo trainante di Torino in Italia e nel Nord Ovest, nei futuri assetti aggregativi e di area vasta sia degli enti fondativi sia delle banche.
Nell’esercizio della annualità 2021, sulla base delle delibere assunte di autorizzazione agli impegni di spesa, il totale delle erogazioni disposte dal settore delle Fondazioni bancarie è stato pari a 914 milioni di euro, grazie alle strategie prudenziali condotte attraverso i fondi di stabilizzazione delle elargizioni volti a bilanciare i periodi di maggiore crisi nella redditività delle partecipazioni strategiche.
Nel medesimo periodo, gli enti ex bancari hanno contribuito al gettito erariale dello Stato per quasi 327 milioni di euro, sebbene la riforma della tassazione dei dividendi abbia consentito un risparmio d’imposta di circa 153 milioni che sono stati collocati in uno specifico fondo per lo sviluppo dell’attività erogativa.