Il dato è di quelli che vanno tenuti in debita considerazione perché va oltre le semplici differenze di tipo algebrico statistico, per entrare invece nella dimensione di merito analitico delle strategie da intraprendere al fine di assicurare la continuità stessa delle speciali relazioni economiche rinforzate tra Italia e Albania, quindi tra il nostro Paese e la complessiva regione dei Balcani occidentali.
Questo perché, per la prima volta da quando – dopo la caduta del regime isolazionista di Tirana nel 1991 – sono stati ristabiliti i liberi rapporti commerciali tra le due Nazioni affacciate sull’Adriatico Ionico, l’Albania ha messo a segno, nel 2022, un saldo positivo nella bilancia dell’import-export con l’Italia.
Nello specifico, nell’arco dei dodici mesi trascorsi, le esportazioni dal Paese delle Aquile hanno raggiunto il valore equivalente di un miliardo 795 milioni di euro, a fronte di importazioni effettuate per un totale corrispondente di un miliardo 760 milioni di euro.
Questo significa un orizzonte che va oltre una semplice differenza di alcune decine di milioni di euro a favore dell’Albania: si tratta infatti di passare, una volta per tutte, da una visione tesa a interpretare il Paese delle Aquile come una destinazione in prevalenza o quasi esclusivamente commerciale, a un’altra finalizzata a considerarlo come una base per accrescere una presenza di tipo industriale diretto in settori strategici assolutamente affini e funzionali a un made in Italy messo sotto pressione dalle turbolenze internazionali di non breve durata sul fronte delle materie prime.
Come è stato più volte evidenziato nelle principali sedi diplomatiche e associative di categoria, in cui si svolgono e sviluppano le relazioni bilaterali, le attività di import-export tra i due versanti dell’Adriatico-Ionico rispondono, nel complesso, a caratteristiche di riconduzione unitaria di filiere, procedimenti, lavorazioni e gestioni logistiche nei mercati di partenza e di destinazione: con l’Albania sempre più proattiva nell’invio di prodotti semilavorati e finali diretti al mercato italiano, e il Belpaese a propria volta impegnato a mettere a disposizione dei produttori balcanici le tecnologie strumentali e i servizi professionali occorrenti ai processi di adeguamento della produttività, di certificazione estera e di omologazione e creazione di valore applicata a materie prime e fattori produttivi.
Un passaggio, questo, che conduce a una presenza non più solo mediata ma diretta dei nostri imprenditori sul mercato del “Paese di fronte”, come soci, amministratori e direttori di società a capitale italiano o misto di diritto locale albanese.
È sufficiente scorrere le categorie di appartenenza merceologica delle esportazioni realizzate dall’Albania, nei confronti dell’Italia, per trarre le conferme a beneficio di quanto prima evidenziato: i tessuti e le calzature rappresentano infatti la metà esatta del valore totale attestandosi sopra gli 899 milioni di euro equivalenti; in netta crescita tendenziale i materiali da costruzione e metalliferi, per un ammontare di 284 milioni, così come il balzo più significativo, in termini percentuali, si è registrato nella categoria dei minerali, carburanti e prodotti energetici elettrici, che ha superato i 155 milioni equivalenti in crescita di quasi il 700 per cento al confronto con il 2021.
Sostanzialmente stabile, infine, il capitolo dell’export agroalimentare, consolidato sui 98 milioni di euro ma destinato esso stesso a salire in ragione delle storiche riforme avviate dal governo Rama con l’approvazione più recente delle leggi sui gruppi di azione locale, sulla vitivinicoltura e sull’apicoltura che saranno rese operative da quest’anno.
La crescita, dal punto di vista reale e sostanziale oltre che nominale, dei volumi commercializzati con l’Italia, è il risultato di un mix di politiche promozionali e di contrasto agli effetti inflazionistici – provocati dagli scenari economici di guerra sopraggiunti a inizio 2022 dopo l’aggressione russa all’Ucraina – che hanno consentito di circoscrivere nella misura massima possibile i costi dei fattori energetici e di produzione evitando la trasmissione e la pressione di questi ultimi sulla catena dei prezzi commerciali all’ingrosso e al dettaglio.
Ciò che ha favorito la competitività delle merci realizzate e lavorate in Albania, e che potrà e dovrà accelerare la corsa agli investimenti tecnologici e industriali nostrani nel Paese d’oltre Adriatico, necessari alla piena continuità e alla capacità di presidio del made in Italy autentico, e dei cicli utili a realizzarlo, in diversi ambiti e mercati in espansione.