Ghisolfi, un Bignamino per ricordare che vincere sulla crisi non è una favola

Il best seller numero sette del Banchiere scrittore, edito nuovamente da Nino Aragno, si pone in continuità ideale e sostanziale con il precedente Abbecedario anche sul piano evocativo, riproducendo sulla copertina il celeberrimo Pinocchio di Collodi. Perché, se in assenza di educazione finanziaria il paese dei balocchi non esiste neppure nelle favole, allo stesso modo vincere sulla crisi macroeconomica attuale non è una favola ma richiede l’impegno microeconomico di ciascuno: sia esso cittadino, imprenditore o livello istituzionale.


L’opera narrativa per famiglie appena conclusa dal Professor Ghisolfi ha, fin dal proprio nome, una vocazione volutamente tascabile, poiché il suffisso “ino” è lo stesso di telefonino, dispositivo oramai immancabile in qualche tasca di ognuno di noi a passeggio così come a casa.

Con la stessa cura che dedichiamo alla scelta e all’acquisto dell’ultimo smartphone, dovremmo tutti impegnarci a fare altrettanto nei confronti delle parole dell’economia e della finanza, al fine di mettere in atto le migliori condotte in relazione allo scenario macro e micro che siamo chiamati a fronteggiare nei settori domestici, patrimoniali e professionali di nostra rispettiva competenza.

Il periodo conclusivo dell’anno, anche per la concomitanza con la fase di definitiva approvazione della legge di stabilità e di bilancio del neo insediato governo di Giorgia Meloni, offre l’opportunità di prendere una volta per tutte confidenza con tutta una serie di parole e di espressioni che stanno dominando i dibattiti televisivi, giornalistici e multimediali in ogni momento della giornata.

Il Bignamino di Ghisolfi porta il proprio lettore ad affrontare con linguaggio basico, accessibile, esemplificativo, non soltanto vocaboli appartenenti alla letteratura economico finanziaria classica, ma altresì parole di ultima generazione come criptovalute – di cui il Bitcoin è una moneta capostipite – l’evoluzione ultima delle quali ha confermato quanto era già racchiuso quattro anni fa nel lessico finanziario dello stesso Ghisolfi: essendo monete prive di corso legale e non universalmente accettate, poiché prive di un’autorità regolatoria pubblica centrale, la loro sottoscrizione andava fin dall’inizio considerata al pari di una scommessa che avrebbe prima o poi dovuto fare i conti con l’economia reale del PIL, dell’inflazione e dei tassi di interesse e di cambio, e così è stato.

Questo deve insegnare che la soluzione alla crisi non è il Paese dei balocchi, e che vincere sulla crisi si può ma non come in una favola bensì traendo da quest’ultima l’insegnamento a tornare nella realtà.

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