Esattamente trent’anni, nella torrida domenica del 19 luglio, mentre moltissimi Italiani avevano ancora le menti rivolte alla strage dell’autostrada di Capaci dove la mano mafiosa aveva fatto saltare in aria il Giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della loro scorta, il centro di Palermo veniva sventrato da una carica di tritolo che, in via d’Amelio, distrusse le vite e i corpi di Paolo Borsellino, procuratore aggiunto del capoluogo siciliano, e dei suoi angeli custodi tra cui la giovanissima agente di Polizia Emanuela Loi.
Cosa Nostra, la cui esistenza era tacitamente considerata una circostanza pressoché naturale prima delle bombe di quella drammatica estate del 1992, aveva lanciato con inaudita violenza il guanto della sfida frontale alla società civile e alle Istituzioni sane del nostro Paese che si scoprì in dichiarata guerra contro la criminalità organizzata oltre che contro la corruzione politico amministrativa (nel febbraio di quell’anno a Milano era scoppiato lo scandalo di tangentopoli).
Paolo Borsellino era fraterno amico di gioventù e di studi giuridici di Giovanni Falcone, erano inseparabili nelle vicissitudini umane, nelle confidenze personali e familiari così come nella condivisione delle informazioni investigative, in tal senso i migliori eredi di Rocco Chinnici e di Antonino Caponnetto, i capi dell’ufficio istruzione del palazzo di giustizia di Palermo nei precedenti anni ottanta.
La nostra redazione desidera ricordarli con le parole, recentemente rinnovate dalla nostra Ambasciata, dell’Ambasciatore d’Italia a Tirana Fabrizio Bucci, che il 9 maggio scorso nella sala conferenze della cattedrale ortodossa promosse – assieme all’istituto di cultura IIC – un convegno dal titolo “Falcone e Borsellino trent’anni dopo”, con la partecipazione del Senatore e giornalista coraggio Sandro Ruotolo e di autorevoli testimoni che tra gli anni ottanta e novanta avevano condiviso indagini e metodi di lavoro. Quegli stessi metodi che adesso sono di utilizzo comune e che hanno ispirato una serie di importanti riforme, penali, procedurali e di accertamento e confisca patrimoniale, adottate altresì oltre Adriatico.
Per questo è giusto dire che oggi “Falcone e Borsellino sono un patrimonio etico dell’Italia così come dell’Albania, ed è bello dirlo davanti ai numerosi giovani che all’epoca dei tragici avvenimenti ancora non erano nati e ora sono qui con noi a commemorare due Magistrati la cui uccisione ha rappresentato un traumatico punto di rottura rispetto al passato di prima, un momento irreversibile di sollevazione morale e civile contro fenomeni criminali dei quali si prendeva atto quasi con ineluttabilità. Questa è una delle più grandi lezioni impartite da Falcone e Borsellino: mai accettare la corruzione e la devianza, perché sono un venire meno ai nostri doveri e una rinuncia all’esercizio dei nostri naturali diritti.
L’Italia è orgogliosa di cooperare al fianco dell’Albania nel cammino di adesione europea che ha nel rafforzamento dello Stato di diritto e nel contrasto delle illegalità una condizione centrale, portata avanti attraverso l’attuazione della riforma giudiziaria e delle istituzioni indipendenti”.
Concetti che sono stati evidenziati ancora di recente e ai quali la nostra redazione aderisce in pieno, nella consapevolezza di come un giornalismo con la schiena dritta, orientato ai grandi precetti dell’educazione istituzionale e finanziaria (l’importanza di “seguire i soldi”, come Falcone e Borsellino sottolineavano sempre), possa sussidiariamente promuovere, rafforzare e diffondere le energie e le forze migliori, e sono molte, presenti e attive nel pubblico e nel privato.
L’editoriale di AZ