L’inflazione, come ricordato storicamente da Luigi Einaudi e più recentemente dal Governatore di Bankitalia Ignazio Visco e dunque dal banchiere scrittore Beppe Ghisolfi, è una tassa che lede le basi stesse della democrazia poiché erode redditi, risparmi, capacità di esportazione e tutele sociali. Lo ha ribadito l’economista ed ex ministro Paolo Savona, attuale presidente di Consob, nel proprio annuale discorso agli operatori dei mercati vigilati dalla commissione nazionale per le società e la Borsa.
Purtroppo, in Italia, l’assenza di strumenti giuridici e legali che incentivino la destinazione produttiva del nostro grande stock di risparmio diffuso, su basi informate, è un fattore ostativo determinante nel mantenere giacente una così fondamentale risorsa immobilizzata.
L’educazione finanziaria e l’alfabetizzazione economica sono lontane, a tutt’oggi, dal divenire obblighi di legge, diversamente da quanto sta avvenendo in molti Paesi del mondo e dell’Europa sia UE che extra UE: perfino la vicina Albania, Stato in preadesione, si è mossa nella direzione auspicata all’interno della riforma del mercato dei capitali varata di recente.
Parimenti, la contumacia e assenza dell’intervento pubblico regolatore si nota nelle lacune ordinamentali che impediscono di sviluppare per intero il potenziale di strumenti come i piani individuali di risparmio – in sigla, PIR – e i fondi ELTIF per gli investimenti a lungo termine. Sono questi, se rinforzati con idonee previsioni legislative e regolamentari pubbliche, i contenitori che potrebbero imprimere concretezza all’idea di un portafoglio anti-inflazione che il Professor Savona indica come il solo realistico rimedio per evitare un non più esasperabile ricorso a scostamenti di bilancio con rientri a futura memoria – più deficit e quindi più debito – e per non dover sempre rincorrere soluzioni fiscali di tipo emergenziale come alcuni meccanismi compensativi e di recupero dei maggiori prezzi di una serie di beni e di servizi definiti primari, dal cibo all’energia.
Così come non è pensabile per il ceto politico eludere continuamente le proprie responsabilità decisionali facendole in toto ricadere sulla banca centrale europea e sulle sue politiche monetarie abbinate alla riapertura provvidenziale di ombrelli contro gli spread (sebbene in ultimo le dichiarazioni di Christine Lagarde abbiano una volta per tutte sottratto armi importanti alla speculazione rialzista).
La prospettiva enunciata da Savona prevede pertanto un portafoglio che sia un mix equilibrato e ponderato di attività mobiliari e immobiliari, di titoli di proprietà e di titoli di debito delle aziende produttive, che in tal modo attui il dettato costituzionale su politiche pubbliche di incentivo al risparmio verso la sua destinazione orientata ai settori economico produttivi qualificanti della Nazione e dell’azienda Italia.
Una circostanza, quest’ultima, che attualmente non è realizzata in quanto – come era stato in precedenza ricordato dal Governatore Ignazio Visco nelle proprie dichiarazioni annuali di fine maggio – le società abilitate alla raccolta del risparmio gestito tendono a investire in prevalenza lo stesso in società non residenti, ossia in aziende estere.

Agevolare viceversa l’accantonamento di quote crescenti del risparmio familiare degli Italiani in un portafoglio anti-inflazione che si indirizzi verso titoli pubblici e privati a garanzia e copertura di investimenti nazionali in settori a maggiore tasso di crescita e di redditività – basti pensare alla positiva esperienza dei recentissimi BTP Italia con rendimenti legati all’andamento generale dei prezzi – avrebbe un duplice effetto: sostenendo piani di sviluppo aziendali e più generali che per propria natura esigono l’acquisizione o la realizzazione o riqualificazione di beni fisici mobili e immobili, per propria natura beni rifugio, essi farebbero beneficiare il risparmiatore investitore dell’effetto connesso alla rivalutazione di fattori produttivi reali e duraturi nel tempo.
Cosicché il nostro risparmio sarebbe tutelato dall’inflazione da offerta, sulla quale il potere di incidenza della politica fiscale è soltanto relativo e anzi controproducente trattandosi di un fenomeno esogeno, e allo stesso tempo, rivitalizzando l’economia made in Italy, contribuirebbe a disinnescare la spirale dei rincari dovuti agli extra-costi da importazione.
Se si considera, infine, che in ragione del nostro status prevalente di Paese esportatore molti investimenti sarebbero denominati nella valuta dei Paesi compratori extra UE, si pensi al dollaro statunitense, un ulteriore fonte di rendimento potrebbe derivare dalla rivalutazione delle monete con corso nelle aree di destinazione.
Il Professor Savona ha ricordato che se un tale tipo di portafoglio fosse stato introdotto a proprio tempo, l’erosione di risparmi e patrimoni immobiliari avvenuta tra il 2008 e il 2021, e quantificata in un 26 per cento, si sarebbe contenuta in un più fisiologico e sostenibile segno meno del 2,5 per cento.
L’editoriale di AZ