Svolta nel segno del successo la presentazione di “Duke dhe tradita” nella sala UNESCO del museo storico nazionale di Tirana. Gelanda Shkurtaj è una giurista d’Albania con una lunga storia di migrazione in Italia, segnatamente nel Nord Ovest, a partire dagli anni Novanta del secolo scorso successivamente alla caduta del regime ateista e stalinista all’epoca ancora vigente nel Paese delle Aquile sebbene in inesorabile decadenza.
Rientrata successivamente nel Paese balcanico, ha sviluppato un’intensa attività accademica in ambito giuridico e allo stesso tempo editoriale e letteraria. La copertina del suo più recente libro è emblematica: al posto del classico martello utilizzato dal giudice per chiudere un’udienza dopo una sentenza, figura un pugno pronto a essere scagliato con violenza sulla superficie del tavolo per sancire un pronunciamento, un verdetto che viene tuttora riconosciuto da certi antichi codici sociali del Paese delle Aquile e che deve essere eseguito a ogni costo, eventualmente a distanza di generazioni.
Il Kanun è un volume normativo di diritto consuetudinario molto corposo e messo fuorilegge, che – attribuito al principe Lek Dukagjini – fu promulgato nel quindicesimo secolo per regolare le questioni d’onore, le faide così come la ricomposizione e il superamento di propositi di giustizia familiare e di vendetta spesso consumata, appunto, nell’arco intergenerazionale e senza soluzione di continuità negli intendimenti iniziali.
Riconducibile, nel comune sentire, alla cultura soprattutto della parte settentrionale dell’Albania, il Kanun ha riguardato nei fatti l’intero territorio nazionale e tutte le confessioni religiose con diverse intensità che rimangono oggi circoscritte oramai in prevalenza alle zone di montagna dove la giustizia in senso legale viene percepita come Istituzione distante dalle esigenze delle parti in contrasto o in conflitto.
L’intervento progressivo dello Stato di diritto e legalitario, il ruolo della comunità internazionale per la costruzione di istituzioni giudiziarie moderne e atlantiche, il percorso di integrazione europea e l’impegno di molte associazioni di volontariato sono tutti fattori che stanno, per fortuna, contribuendo a ridimensionare sempre di più quello che rimane di un fenomeno dalle radici secolari molto profonde e portato di usi quasi antropologici.
Analizzarlo sul piano storico culturale e giuridico, come con il libro dell’autrice Gelanda Shkurtaj edito da Botime, aiuterà a mobilitare in misura ulteriore le coscienze civili intorno al concetto stesso di Kanun, con l’obiettivo di rifuggire una volta per tutte una serie di luoghi comuni stereotipati, frutto il più delle volte di una chiave di lettura di derivazione della stampa estera e protesa tutta a esaltare i profili del proposito aprioristico di vendetta a discapito degli strumenti dedicati viceversa ad agevolare la venuta meno dei moti di belligeranza e, in definitiva, il ripristino di condizioni di ritorno a una serena convivenza civica.
L’editoriale di AZ