Il prestigioso editorialista di Milano finanza conferma i propri obiettivi elogi all’operato librario del Banchiere scrittore: “La banca centrale europea ha per statuto l’obbligo di perseguire la stabilità dei prezzi, altro è auspicare una riforma dei trattati UE per coordinare politica monetaria e politica economica, ma contestare l’aumento dei tassi di riferimento di per sé è sbagliato”. Angelo de Mattia, prestigiosa firma di Milano finanza e titolare della seguita rubrica “Contrarian”, è intervenuto con la consueta e riconosciuta autorevolezza sul tema del ruolo più recente svolto dalla BCE per restituire alla politica monetaria la funzione di controllo del livello generale dei prezzi.
Una funzione, quella del mantenimento di una soglia fisiologica di inflazione che non valichi nel medio termine la forbice positiva del due per cento – naturalmente al netto di certe fasi congiunturali che impongono di autorizzare cicli espansivi di liquidità circolante – che, in quanto perseguita, e non potrebbe essere diversa la modalità, attraverso l’aumento dei tassi di riferimento (cosiddetto tasso di sconto), ha destato più di una polemica tra gli stessi addetti ai lavori.
Eppure si è trattato di un passaggio inevitabile, e l’acquisizione dei rudimenti di base dell’educazione finanziaria avrebbe aiutato a comprendere ciò una volta inequivoca per tutte: qui il dottor de Mattia torna, come è consuetudine nei propri seguiti editoriali e corsivi, a elogiare il modo pionieristico con cui il Professor Beppe Ghisolfi, Banchiere internazionale e scrittore, sta concorrendo a divulgare l’alfabetizzazione economica sebbene manchi in Italia una legge in tal senso vincolante.
Perché è dalla conoscenza dell’alfabeto dell’economia, e non a caso il più recente best seller in merito è intitolato Abbecedario, che viene chiarito l’incarico assegnato a una banca centrale quale è la BCE, la quale deve difendere la moneta dagli shock di mercato, usando la leva dei tassi per mantenere sotto controllo la liquidità circolante, e agendo in maniera diversa, ossia sostenendo una maggiore liquidità, soltanto per prevenire il fenomeno opposto della deflazione.
Tutti termini fra loro connessi, intorno al minimo comune denominatore della politica monetaria, che trovano una lineare e universale spiegazione nell’ABC dell’educazione finanziaria la cui comprensione è una bussola per i cittadini e per i decisori dell’economia pubblica, perché a questi ultimi, e non alla BCE a normativa vigente, spetta definire con chiarezza una riforma, auspicata, che distingua inflazione da offerta e inflazione da domanda, e che crei un coordinamento ufficiale tra politica monetaria, economica e di finanza fiscale, affinché la scelta tra inflazione e spread, entrambe due tasse improprie ma reali, non sia un binomio ineluttabile ma trovi un giusto punto di temperamento, a tutela di redditi, potere d’acquisto e lavoro, in scelte economiche di competenza esclusiva dei decisori politici.
I quali, purtroppo – e il Professor Ghisolfi lo ha ribadito in un proprio bellissimo video editoriale post esito referendario – non stanno dimostrando decisionalità in nessun ambito, dall’economia alla giustizia. Inducendo a immaginare che, se i trattati europei prevedessero con le stesse modalità Italiane i referendum popolari, i politici ottimamente pagati per riformare in meglio le norme della UE chiamerebbero spesso e volentieri ai seggi elettorali i cittadini per affidare a questi ultimi il responso su ogni genere di riforma tecnica. Inclusi, magari, i compiti della BCE, che nella lotta all’inflazione ha agito come le regole imponevano di fronte a spirali inflazionistiche pari a oltre tre volte la soglia di medio termine fissata nei trattati.
L’editoriale di AZ