Il neo presidente di Cia-Agricoltori, Cristiano Fini, interviene in esclusiva su “Le Banche d’Italia” parlandoci dei suoi obiettivi, delle difficoltà che gli agricoltori italiani stanno vivendo, di governo nazionale ecc. Il nostro grande augurio al presidente Fini.
Cristiano Fini lei è il nuovo presidente nazionale di Cia-Agricoltori. Tantissimi auguri per il suo lavoro. Che obiettivi ha?
Occorre ripartire dalle priorità del settore e dalle battaglie dell’organizzazione. In primo luogo, lavorare per dare garanzie di reddito agli agricoltori. Se crolla il settore primario, viene giù tutta la filiera. Poi, serve riportare equità lungo la catena del valore dal campo allo scaffale, perché venga riconosciuto il giusto prezzo agli agricoltori. Ciò ancora di più con la crisi economica in atto che sta mettendo a rischio investimenti e sostenibilità economica delle imprese. A questo punto, la definizione di un patto chiaro con i consumatori non è più rinviabile. L’Europa ci pone obiettivi importanti e sfidanti in termini di transizione ecologica del settore agricolo, ma ha dei costi molto elevati che non possono ricadere solo sull’imprenditore. Dunque, l’impegno per il Green Deal va ripartito, anche economicamente e lungo tutta la filiera, guardando con attenzione alla tutela di quelle più strategiche, come la cerealicola, la zootecnica e quella ortofrutticola. Altro punto riguarda la defiscalizzazione per ridurre gli oneri nell’assunzione di manodopera, la cui carenza è un altro tema cruciale, e anche come strumento per far crescere le aree rurali. Infine, anche questa arrivata in prima pagina, l’emergenza fauna selvatica con la peste suina che si sta espandendo. C’è un rischio serio per gli allevamenti, come lo era già per agricoltura e sicurezza pubblica. Bisogna ridurre il numero degli ungulati e assicurare risarcimenti alle aziende in “zona rossa”. Pandemia e guerra in Ucraina, hanno messo incredibilmente al centro l’importanza del cibo e con esso dell’agricoltura. Adesso è il momento che tale valore venga realmente riconosciuto. Senza speculazioni, senza allarmismi, ma con la concreta consapevolezza, da parte di tutti, del ruolo che svolgono gli imprenditori del settore agricolo e agroalimentare per la sicurezza alimentare, la salvaguardia dell’ambiente, la tenuta economica di tanti borghi che fanno verde quest’Italia. Basti pensare che il valore aggiunto dell’agricoltura italiana è pari a 33 miliardi circa, restando il più elevato dell’Ue; che il sistema agroalimentare, nel suo insieme fa il 15% del Pil e che l’agricoltura è responsabile solo di un quinto (il 21%) di tutte le emissioni antropiche di gas serra e, infine, che nelle aree rurali del Paese vivono più di 12 milioni di persone.
Secondo lei quali sono le maggiori difficoltà che stanno attraversando gli agricoltori italiani?
Il settore agricolo è pienamente coinvolto dalla crisi economica in atto e dalle ripercussioni geopolitiche del conflitto in Ucraina. In questa fase, estremamente complessa, pesano enormemente gli aumenti sui prezzi delle materie prime, i rialzi fino al 120% delle bollette energetiche, il gasolio agricolo arrivato fino a 1,45 euro al litro, i fertilizzanti cresciuti del 150%, come i costi insostenibili della produzione, aumentati del 40% rispetto agli anni scorsi. A questo, va aggiunto che il settore, industria a cielo aperto, stava già affrontando gli effetti delle calamità, eventi atmosferici estremi e fitopatie con danni di milioni e milioni di euro. I cambiamenti climatici hanno trovato terreno fertile in un Paese indietro per ammodernamento delle infrastrutture stradali e idriche, ancora poca innovazione e troppa reticenza nei confronti di sperimentazioni e progresso che arriva dal mondo della ricerca. Siamo a un punto di non ritorno con problemi divenuti emergenze, vedi il proliferare degli ungulati, ma anche con forme di sostegno al reddito, strumenti di gestione del rischio e assicurativi ancora insufficienti e inefficaci, tanto quanto ristori e incentivi.
Da neopresidente Cia che appello vuole lanciare al governo nazionale?
Al Governo con il quale, attraverso il Ministero delle Politiche agricole, dialoghiamo costantemente, chiediamo azioni precise e puntuali su larga scala, come una politica energetica nazionale ed europea che cerchi di calmierare i costi e le speculazioni, oltre a misure a supporto delle filiere produttive, messe in ginocchio dagli incredibili rincari produttivi e dall’instabilità dei mercati. Dobbiamo fare squadra, come già detto, per valorizzare le produzioni agricole, sollecitare investimenti importanti nella ricerca per dotare il settore primario di strumenti innovativi contro il climate change. Serve una spinta alle nuove tecnologie digitali e apertura chiara alle tecniche di miglioramento genetico in ottica sostenibile;, quindi si al Genome editing e no agli OGM; occorre realizzare invasi per l’accumulo di acqua utile nei periodi più siccitosi, ma anche assicurazioni e fondo mutualistico nazionale per affrontare le calamità. La mancanza di manodopera va affrontata seriamente. Alla vigilia delle grandi campagne, dalla frutta estiva alla vendemmia, preoccupano i ritardi del Decreto flussi, sia rispetto allo sblocco delle pratiche relative al 2021 sia rispetto all’emanazione del decreto per il 2022. Senza contare i problemi legati a costi, burocrazia e rigidità degli strumenti. Occorre tornare alla flessibilità dei voucher.
Ci sono tanti giovani che vogliono investire in agricoltura. Cosa vuole consigliare a questi aspiranti imprenditori?
Accesso alla terra e al credito per il ricambio generazionale. Prima di dare consigli ai giovani, occorre lavorare con le istituzioni per risolvere questo limite ai danni di tanti giovani che nell’agricoltura posso e devo trovare futuro. Un futuro che gli somigli, perché fatto davvero di smart farming. A oggi solo l’11% delle imprese agricole europee è gestito da giovani imprenditori che non rappresentano neanche il 10% dei residenti nei piccoli centri urbani. Eppure, in 10 anni, il numero degli imprenditori agricoli laureati, in Italia, è raddoppiato (dal 10 al 20%) e le aziende del settore condotte da giovani, in controtendenza rispetto ad altri settori produttivi, sono aumentate del 5% negli ultimi 5 anni, portando agricoltori e allevatori under 40 a superare quota 50 mila e a rappresentare, nel settore, il 20% dei più interessati investitori in chiave sostenibile e innovativa. A loro consiglio di non cedere di un passo, di contribuire alla crescita del settore con la cura della conoscenza e della formazione, ma anche con slancio creativo e innovativo. A loro, chiedo di pretendere le condizioni migliori possibili per realizzare la transizione ecologica e digitale dell’agricoltura di oggi e domani, partendo dalla precondizione fondamentale della sostenibilità per la quale tutti da cittadini, consumatori, rappresentati di organizzazioni, istituzioni dobbiamo fare la nostra parte, responsabilmente e con coraggio.
Il direttore Agrippino Castania