Una straordinaria iniziativa della nostra Ambasciata in Albania in sinergia con l’istituto italiano di Cultura: momenti interminabili di commozione e applausi per la performance di Simone Luglio e Giovanni Santangelo diretti da Chiara Callegari sulla base della toccante sceneggiatura di Claudio Fava. Al centro del palcoscenico del teatro Metropol di Tirana, è collocata una macchina da scrivere anni Ottanta, forse Settanta; tutt’intorno, pile di fascicoli, pacchetti di sigarette aperti, vassoi che parlano di decine di caffé consumati, e una lampada da tavolo la cui luce fioca illumina una scrivania dove prenderanno forma dattilografica nuove decine e decine di pagine nell’ennesima notte insonne di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
I due Giudici, simbolo della lotta alla mafia in Italia e nel mondo, si trovano infatti in una stanza d’ufficio del carcere dell’Asinara in Sardegna: è la fine dell’estate del 1985, il capo della squadra mobile di Palermo Ninni Cassarà è stato poche settimane prima ucciso dal piombo di Cosa nostra sotto la propria abitazione, e allora i vertici della pubblica sicurezza dello Stato hanno deciso che il luogo più sicuro, per ultimare le migliaia di pagine dell’ordinanza di rinvio a giudizio per il maxiprocesso ai vertici della criminalità organizzata siciliana, debba essere un super penitenziario in un’isola che non sia la Sicilia.

I due Magistrati, resi completamente reali da Simone Luglio e Giovanni Santangelo – con una rassomiglianza psicologica resa altresì fisionomica che ha accresciuto il livello di partecipazione emozionale e di commozione in una sala gremita di giovani e di autorità diplomatiche, istituzionali, religiose e investigative – tra una sigaretta spenta a metà e un’altra accesa subito dopo, rievocano i fatti drammatici del passato, che li hanno privati dei loro amici e collaboratori più cari, e trovano con ciò la forza di andare avanti con qualche punta di autoironia tutta palermitana che li rende ancora più unici e speciali.

Il tempo però scorre implacabile, e la solitudine sofferta dai due Magistrati nella realtà trova la propria plastica raffigurazione su quel palcoscenico e in quell’ideale ufficio dove, tra il 1985 e il 1992, sono e rimangono sempre soltanto loro. Non le loro famiglie, che sono costretti a tenere a distanza per cercare di proteggerle, non i loro colleghi né i loro collaboratori, dei quali sono quasi obbligati a diffidare dopo i fatti già accaduti. Sempre e solo loro due, Paolo e Giovanni: il secondo sicuro di riuscire a piegare il potere mafioso applicando e migliorando le leggi in vigore, il primo altrettanto determinato ma più pessimista in merito.
Lo storico verdetto del maxiprocesso, con la vittoria del pool antimafia, paradossalmente accelera la solitudine e il crepuscolo di Falcone, che può contare esclusivamente sull’aiuto di Borsellino e degli agenti della scorta: prima gli viene negata la nomina a capo dell’ufficio istruzione di Palermo, poi la mafia cerca di ucciderlo con una quantità impressionante di esplosivo sulla spiaggia privata dell’Addaura in uno dei rarissimi momenti di relax del giudice.

Giovanni decide quindi di accelerare e di accettare l’incarico che gli viene offerto a Roma di dirigere gli Affari penali, per tradurre in leggi le intuizioni maturate negli anni del pool di Palermo. Oramai le lancette scorrono frenetiche: Falcone si veste per partire e prima di lasciare l’ufficio lascia un plico a Paolo, il quale sembra intuire che l’arrivederci potrebbe essere un addio. I due iniziano a rincorrersi disperatamente, riescono ad abbracciarsi per uno storico istante, poi Giovanni scompare dalla scena e rimane Borsellino, che apre il plico mentre tutto d’un tratto irrompono le luci dei riflettori e la voce fuori campo di una radio: è appena successo un terribile attentato sull’autostrada Palermo Capaci, il pensiero corre subito a Falcone, a sua moglie Francesca e ai ragazzi della scorta, e dalla busta in mano a Paolo escono le ceneri del fraterno collega e amico.

Le ceneri, ma anche la polvere del tritolo appena arrivato a Palermo con l’obiettivo di far fare la stessa fine al magistrato superstite, il quale viene tenuto all’oscuro di ciò dai suoi superiori (per la cronaca, venne a saperlo dall’allora ministro della Difesa Salvo Andò incontrato per caso in aeroporto). Il tempo è scaduto, Paolo telefona al parroco di famiglia perché questi possa confessarlo prima della inevitabile fine. Proprio in quel momento lì, tuttavia, in ufficio rientra Giovanni: siamo tornati nel 1985, c’è l’ordinanza che deve essere conclusa.
La sala si riaccende, scattano lunghissimi minuti di commossi applausi ai due attori e alla regista Chiara Callegari, in prima fila il Senatore e giornalista coraggio Sandro Ruotolo, che oggi sempre a Tirana commemorerà Falcone e Borsellino in un fondamentale convegno promosso anch’esso dalla nostra Ambasciata con l’istituto italiano di Cultura, la guardia di finanza e l’università della Calabria: appuntamento dalle ore 17 nella sala conferenze della cattedrale ortodossa.
La nostra redazione ringrazia l’Ambasciatore Fabrizio Bucci e tutto il Team della struttura diplomatica Italiana in Albania, perché divulgando la cultura della legalità si aiuta la formazione di cittadini, giovani e adulti, autenticamente appassionati, partecipi e informati sui propri diritti e doveri.
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