Fed & Bce: verso la fine della politica monetaria a due velocità, il rialzo dello spread anticipa la nuova tendenza globale

La banca centrale statunitense, guidata da Jerome Powell, aumenta il costo del denaro più delle aspettative della vigilia, obbligando Francoforte ad accelerare la fine della strategia accomodante. Il differenziale di rendimenti tra BTP Italiani e Bund Tedeschi si conferma – come detto dal Banchiere Beppe Ghisolfi – una “tassa sui poveri” nel senso einaudiano vero dell’espressione. Washington ha messo in atto un meccanismo di portata planetaria i cui contorni erano stati delineati abbastanza chiaramente sia dagli analisti, sia dagli andamenti oramai costantemente rialzisti dello spread in Europa.

La “tassa sui poveri” – così definita in senso einaudiano dal Banchiere scrittore Beppe Ghisolfi per le conseguenze in termini di stretta al credito e di maggiore onerosità dei finanziamenti richiesti da famiglie e imprese -, ossia il differenziale dei rendimenti tra BTP nostrani e Bund berlinesi, vira infatti verso i 200 punti base, sebbene i buoni decennali del Tesoro stampati dal governo Scholz siano oramai e da qualche tempo usciti dalla zona dei tassi negativi, ossia sottozero.

L’economista Fabio Panetta con la presidente della BCE Christine Lagarde

Che cosa è successo nella capitale statunitense a seguito della riunione più recente del comitato direttivo riunito dal capo della Federal reserve? In primo luogo, è stato deliberato un rincaro del tasso di riferimento che alla fine è stato di mezzo punto anziché di un quarto come in un primo tempo si era presagito alla vigilia della seduta in Fed; in secondo luogo e contestualmente, la stessa banca centrale USA ha comunicato la volontà, non reversibile, di ridimensionare il proprio bilancio.

In altre parole, i titoli e in special modo le obbligazioni private e soprattutto pubbliche, sottoscritte e rastrellate sui mercati primari per immettere liquidità nel sistema economico e sociale messo in ginocchio dal coronavirus, non saranno più reinvestite ma verranno reimmesse sul mercato concorrenziale dei capitali e dovranno confrontarsi alla pari con le condizioni di altri soggetti emittenti obbligazionari.

La Federal reserve non è stata la sola a muoversi in una simile direzione, poiché l’omologa banca dello Stato del Canada, sempre in Nord America, aveva deliberato altrettanto, così come l’Istituto centrale di emissione dell’India. La Fed ha agito con così rigorosa determinazione potendo contare sulla purtroppo disunita posizione dell’Europa su una pluralità di fronti roventi, dalle divisioni sul livello di intensità delle sanzioni commerciali e finanziarie da opporre alla federazione Russa di Putin, alla tendenza della stessa BCE a varare politiche monetarie – al netto del quantitative easing di Mario Draghi – ex post e di emulazione di quelle assunte dagli altri grandi istituti centrali.

Cosicché la presidente della Eurotower di Francoforte Christine Lagarde – che all’ultima riunione del consiglio direttivo ha ospitato il collega Banchiere dell’Ucraina – si limita a confermare al momento che l’eccesso di liquidità sarà fronteggiato attraverso la graduale progressiva fuoriuscita oramai intrapresa a valere sul piano di acquisto massivo dei titoli pubblici, mentre di possibile aumento dei tassi si parlerà solo in seguito. Tuttavia, all’interno dello stesso comitato, vi è chi preconizza fin d’ora che i tassi interbancari verranno aumentati nel corso della stagione estiva iniziata.

I Banchieri internazionali Beppe Ghisolfi e Domenico Siniscalco: a Ghisolfi si deve la definizione di spread come nuova tassa sui poveri, gravante sui mutuatari e richiedenti mutui e sui contribuenti e utenti dei servizi dello Stato

È un dato di fatto, però, che il funzionamento quotidiano dei mercati non rimane a guardare, e tramite la dinamica dello spread ha fatto intendere quali saranno gli scenari futuri non lontani ma anzi assai prossimi e ravvicinati.
Torna pertanto attuale il monito secondo il quale la BCE non può surrogare né sostituire scelte di politica economica e di bilancio pubblico che, come tali, sono di esclusiva competenza della Commissione UE, in concorso con il Parlamento di Strasburgo, e dei vari Governi nazionali.

Diverse sono le correnti di pensiero nel direttivo di Francoforte: mentre il vice spagnolo di Lagarde prospetta come inevitabile la delibera di rincaro dei tassi interbancari a partire da luglio addirittura, il rappresentante italiano Fabio Panetta conferma la propria idea che l’opzione restrittiva non contrasterebbe l’inflazione, fenomeno globale e non continentale, ma principalmente aggraverebbe la stagnazione trasformandola in recessione tecnica conclamata. La spinta rialzista sui prezzi – afferma giustamente Panetta – si concluderà solo con la fine delle ostilità belliche in Ucraina.

AZ

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