Caterina Conti, Pd Trieste: la segretaria democratica punta su una politica concreta

La segretaria provinciale del Partito Democratico di Trieste, Caterina Conti, ci parla dei suoi programmi politici e di tutto quello che riguarda della città triestina. La segretaria democratica è molto attenta alle questioni sociali, occupazionali, giovanili ed economiche del suo territorio. In questa ampia intervista troverete degli spunti molto interessanti, anche sul caso “guerra in Ucraina”.

Caterina Conti, in qualità di segretaria provinciale del Partito Democratico di Trieste, che obiettivi politici ha per il 2022?

Mi preoccupano le prospettive economiche e occupazionali di Trieste e del Friuli Venezia Giulia, dove ci sono almeno 26 grandi e medie aziende coinvolte in situazioni di crisi. Dopo il colpo dalla pandemia, la fiducia nella ripresa è stata frenata dalla guerra in Ucraina. Mi preoccupa l’allargarsi delle disuguaglianze sociali, le famiglie provate, giovani, anziani e donne sempre più sole. La società si è ancora più sfilacciata, i corpi intermedi a cominciare dalla politica intercettano sempre meno il disagio e la protesta: lo abbiamo visto a Trieste nelle manifestazioni No vax-No pass. Questo pone interrogativi serissimi al Pd. Noi abbiamo un doppio obiettivo. Prima di tutto rafforzare il dialogo concreto con tutti i territori, dare risposte ai problemi di ogni giorno di chi lavora, di chi intraprende o di chi cura i familiari anziani o disabili. E poi precisare sempre più il nostro profilo di partito popolare e delle istituzioni, affidabile ed europeista.

A suo avviso quali sono le principali emergenze della città di Trieste?

Trieste, dove il centrodestra ha governato 15 anni su 20, si presenta in copertina come una città benestante ma sotto ci sono strati di sofferenza che non emergono e anzi si allargano, toccando il ceto medio, i nuclei unifamiliari, i piccoli esercenti che non reggono. Interi rioni sono in abbandono, senza servizi essenziali e luoghi di aggregazione. Adesso anche alcune vie del centro cominciano a mostrare file di serrande abbassate o il subentro di capitali e lavoratori stranieri, l’integrazione mostra crepe. Anche il disagio giovanile è diventato un tema enorme: la pandemia ha inciso molto sulla tenuta psicologica degli adolescenti, e ha colpito più duramente lì dove c’erano già situazioni di difficoltà. Ci sono i giovani che non vedono prospettive, c’è la solitudine degli anziani, ci sono episodi di violenza cui non eravamo abituati.

Caterina Conti

In questi anni nel vostro territorio quali sono stati i settori imprenditoriali maggiormente in crescita?

Il motore dell’economia di Trieste è sempre più il porto, ora primo scalo ferroviario d’Italia. Intendo sia lo scalo commerciale strategico a livello nazionale su cui il Governo investe quasi mezzo miliardo del Pnrr, sia le aree portuali che godono del regime di porto franco e sono attrattive per insediamenti industriali, sia i circa 700mila mq del Porto vecchio, sia il settore crocieristico. Rivendico il lavoro dei Governi di centrosinistra per il rilancio del porto, e mi rammarico per il piccolo cabotaggio del centrodestra triestino. Trieste è anche una città turistica, e sono forti i settori della ristorazione e dell’accoglienza, che però hanno sofferto le chiusure per il Covid. Ma patisce molto il commercio al dettaglio, l’economia di prossimità. Ci sono aziende di famiglia, anche storiche, che hanno chiuso a decine, nel silenzio assoluto di chi governa da anni il nostro territorio e che progetta sempre nuovi centri commerciali.

Cosa ama della politica?

Mi appassiona la politica perché ti fa entrare in contatto con le singole persone e ti mette di fronte alla società nel suo complesso. Amo il confronto e anche la dialettica con chi non la pensa come me, lo stimolo continuo di essere messa in discussione e affermare le mie convinzioni. Credo sia un valore importante la dimensione collettiva della vita di partito, la sfida di costruire e far dare il meglio a una squadra. E poi non potrei immaginare di occuparmi di politica in astratto, fuori dal contesto vivo della mia città e del mio Paese, senza sforzarmi di fare qualcosa per migliorarlo. Il mio tarlo costante è vedere le storture del nostro sistema, le diseguaglianze sociali, di genere, di condizione e chiedermi come fare per cambiare le cose. La politica ha la peculiarità di tenere assieme ideali e prassi, ricerca del consenso e coerenza con valori e programmi: un’arte difficile in cui è bene considerarsi a lungo apprendisti.

Come Pd di Trieste state avviando delle iniziative per sostenere il popolo ucraino?

Trieste è una delle porte dei profughi ucraini. Abbiamo avviato da settimane una raccolta di vestiario e beni di necessità, siamo in costante contatto con le associazioni ucraine e con quelle che se ne occupano sul territorio, ci siamo messi a disposizione per quello che serve. E’ il nostro dovere. Ricordo perfettamente i profughi dell’Albania e poi della Bosnia arrivare a Trieste negli anni ’90. Due ragazzini serbi arrivarono nella classe di mia sorella e non avevano nemmeno 10 anni; oggi sono giovani adulti, integrati e con famiglie, hanno faticato ma ce l’hanno fatta a costruirsi una vita “normale”. Con questa guerra, per noi a Trieste si è riaperta una ferita: siamo una terra di confine, conosciamo purtroppo gli orrori e gli strascichi della guerra, l’odio genera odio. Il nostro territorio è portatore di memorie diverse e diverse sofferenze vissute nelle due Guerre mondiali e poi nel secondo Dopoguerra, ma finalmente vediamo che la pacificazione diventa realtà. Ma qui è il frutto di un lungo, lunghissimo percorso di riconciliazione, che si semina prima di tutto nelle scuole, ai giovanissimi, aiutandoli a capire i diversi punti di vista, a mettersi nei panni degli altri, a capire che la pace è un cammino da costruire insieme, giorno per giorno. La guerra in Ucraina lascerà lacerazioni sanguinose, e noi, oltre ad aiutare adesso, dobbiamo pensare anche al dopo, alla ricostruzione civile e materiale di un pezzo d’Europa.

Il direttore Agrippino Castania

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