La tassazione straordinaria, e con effetto retroattivo, dei famosi extra profitti delle compagnie energetiche – espressione onnicomprensiva indicante tutta la filiera delle imprese di produzione, trasmissione, distribuzione, commercializzazione – sta suscitando un ampio dibattito sia dentro il governo Draghi che tra le associazioni di categoria e degli utenti consumatori. Al di là di alcune discordanze sui numeri che misurano nel concreto questi utili sovrabbondanti, dovuti ai ricavi conseguiti per effetto del rialzo continuo delle quotazioni internazionali delle materie prime energetiche, la discussione di fondo riguarda l’adeguatezza del tributo istituito dal Governo Draghi e la sua idoneità a favorire politiche di redistribuzione a favore delle categorie economiche e sociali più colpite dagli aumenti delle bollette.
Dagli studi condotti da diverse associazioni, gli extra profitti si collocherebbero, a seconda della considerazione di tutta o di una parte soltanto della filiera, tra i 9 e i 27 miliardi di euro. Dal momento però che i rincari finali al dettaglio sono molto più elevati – tanto che servirebbe uno scostamento di bilancio di ottanta miliardi di euro per neutralizzarli del tutto – è evidente che qualsiasi intervento sui cosiddetti utili in sovrappiù costituisca solo una componente del problema: sono anche altri i fattori, basti pensare ai movimenti finanziari non di rado speculativi sui mercati del gas naturale in Olanda e su quelli del petrolio negli Stati Uniti d’America, oppure agli andamenti del mercato secondario dei certificati di emissione della CO2, che causano la lievitazione delle tariffe praticate a famiglie e aziende.

Va da sé che la leva fiscale non sempre è la soluzione migliore a problemi di una simile complessità: anzi, in alcuni casi rischia di tradursi in un boomerang come nel caso – denunciato da Confcooperative – di tassazione degli utili delle cooperative tra utenti energetici, utili sì in crescita per effetto dei rincari internazionali, ma vincolati per legge e per statuto a essere successivamente redistribuiti fra gli utenti stessi della cooperativa, i quali vedono così recuperati gli aumenti subiti.
Fissare norme di carattere prescrittivo, che stabiliscano la devoluzione degli utili eccedenti a un fondo specifico per l’abbassamento dell’onere delle bollette e per il finanziamento dell’estensione del super eco bonus del 110 per cento a interventi in grado di rafforzare l’autosufficienza energetica di abitazioni, botteghe e studi professionali senza più il vincolo dell’allacciamento ai sistemi pubblici che sono quelli poi alla base degli alti costi in bolletta indipendenti e dovuti a prescindere dai consumi domestici reali certificati dal contatore.
Serve, in altre parole, una rapida e incisiva riforma a sostegno del ruolo delle comunità energetiche, perché soltanto dal loro pieno riconoscimento come soggetti economici e sociali potrà arrivare la svolta che tutti attendiamo per mettere fine alla dipendenza dell’Italia da livelli tariffari decisi sempre da qualcun altro.
L’editoriale di A.Z