Quale futuro attende i nostri risparmi nei nuovi scenari di “guerra fredda” che torna a delinearsi, questa volta tra dollaro statunitense (che include anche l’euro) e yuan cinese (che comprende pure il dissestato rublo)? Un tema di fondamentale importanza per le politiche sia macroeconomiche, di competenza dei governi, sia microeconomiche sulle quali viceversa le scelte di ognuno di noi possono incidere nella sostanza. Su queste considerazioni di base si è sviluppata la molto seguita puntata dello scorso venerdì di “5 giorni sui mercati”, condotta con consueto piglio professionale dalla giornalista economica Marina Valerio e qualificata dall’intervento in collegamento on-line del Banchiere internazionale e scrittore Beppe Ghisolfi, neo Leone d’oro di Venezia alla Carriera e tornato nuovamente in libreria con il collodiano best seller Abbecedario edito da Nino Aragno.
Nel corso della stessa trasmissione, sono altresì intervenuti gli analisti finanziari Riccardo Monti di Triboo Group, piattaforma dedicata all’accoglienza e al finanziamento delle start-up digitali, ed Enzo Corsello di Allianz GI Italia. Il conflitto russo in Ucraina imporrà una rivisitazione del modo di intendere la globalizzazione dei mercati sia industriali che finanziari, poiché si dovrà tenere conto della presumibile formazione di due distinti blocchi, in parte già annunciati dalle sanzioni occidentali che hanno comportato l’esclusione del settore bancario russo dal sistema internazionale di pagamenti noto come Swift.
L’educazione finanziaria, di cui il Professor Ghisolfi è pioniere e (nella definizione del Presidente ABI Antonio Patuelli) cattedra itinerante, svolgerà una funzione molto importante per orientare correttamente, all’interno di questo inedito contesto, le scelte dei risparmiatori e degli investitori, i quali per un periodo di tempo non breve – anzi con elementi duraturi e strutturali come dichiarato dalla Presidente BCE Christine Lagarde – dovranno coabitare con elevati tassi di inflazione energetica, agricola e alimentare destinati a pesare per oltre 100 miliardi all’anno sugli oltre 1830 miliardi di euro che formano il totale della ricchezza accantonata ma non investita dalle famiglie italiane tra depositi e conti correnti.

Allo stesso tempo, le imprese dovranno confrontarsi con accresciuti costi di approvvigionamento e utilizzo di fattori produttivi dai carburanti all’elettricità, dai materiali per l’edilizia e le costruzioni alle materie prime agricole e fertilizzanti, circostanza che – prima ancora dei provvedimenti del governo nazionale e dell’Unione Europea – ha indotto diverse banche di territorio e vari gruppi creditizi a vocazione geografica – dalla Popolare di Piacenza a Unicredit, dalla Popolare di Milano a Intesa Sanpaolo a Monte Paschi – a predisporre linee di finanziamento per coprire lo sbilancio dovuto dai sovraccosti in atto dallo scorso autunno già da prima del conflitto russo in Ucraina, con l’obiettivo di assicurare la continuità produttiva e occupazionale delle aziende con prospettive di mercato.

L’auspicio – più volte evidenziato dal Professor Ghisolfi – è che l’Italia, a livello governativo e grazie al Premier Mario Draghi, faccia tesoro delle esperienze del 2020 e utilizzi i margini accordati dalla Commissione Europea di Bruxelles per sostenere le imprese e il mercato del lavoro con aiuti e sovvenzioni dirette senza più aggravare il grado di esposizione debitoria di famiglie e attività economiche: le garanzie per espandere la liquidità sono importanti, ma in un panorama di tassi crescenti il sostegno a fondo perduto immediato crea le condizioni per salvaguardare il tessuto produttivo e lavorativo di domani.
L’editoriale di A.Z