Da Torino, il presidente provinciale di Confesercenti Giancarlo Banchieri lancia un appello non soltanto al governo nazionale ma anche alle istituzioni territoriali preposte al controllo delle società energetiche locali per ottenere almeno una rateizzazione delle bollette. Lo stesso governo Draghi che – tramite il ministro dell’ambiente e della transizione ecologica Roberto Cingolani – lancia l’allarme sui rincari delle bollette, escludendo di fatto che gli stessi saranno transitori o limitati solo a questo anno, è quello che poi rischia di lasciare a bocca asciutta gli utenti energetici sia domestici che aziendali per il fatto di non volere autorizzare manovre espansive addizionali per coprire gli extracosti in arrivo sugli utilizzatori finali, cioè su tutti noi. Secondo alcune stime, provenienti da fonti della maggioranza governativa, servirebbero almeno altri 5 miliardi per arrivare relativamente incolumi alla fine della stagione invernale e contemporaneamente avere i margini per avviare un serio discorso sulla transizione energetica e sul pieno recupero di quei progetti in grado di aumentare la capacità di approvvigionamento e di autonoma produzione di parte italiana.

Perché quest’ultimo aspetto sia concretizzabile, occorre tuttavia che il sistema delle imprese non sia travolto da quella che Giancarlo Banchieri, Presidente di Confesercenti Torino, ha definito in maniera ineccepibile la “tempesta perfetta” che si sta abbattendo sulla nostra economia reale.

Il Premier Draghi, sebbene smentisca il ricorso a nuovi scostamenti di bilancio (benché gli stessi rimangano tuttora possibili attivando il residuo di piano anti pandemico della BCE), starebbe dietro le quinte lavorando con i partiti della maggioranza parlamentare per trovare una soluzione di bilancio che aiuti a tenere aperto l’ombrello antirincari sino all’arrivo della stagione primaverile quando le strozzature verificatesi nello scorso autunno sul versante dell’offerta hanno fatto sì che la domanda di materie prime e di rifornimenti per riavviare le produzioni post lockdown portasse i prezzi al dettaglio a lievitare in maniera incontrollata.

Il patto tra galantuomini potrebbe essere il seguente: chiedere a commissione europea e BCE di autorizzare e finanziare lo scostamento, e in via non solo contestuale ma concretamente simultanea avviare una netta accelerazione sul versante delle riforme normative e delle procedure autorizzative per aumentare in maniera sensibile e progressiva i livelli e il tasso di diversificazione degli approvvigionamenti e delle fonti di generazione di energia e di combustibile, potenziando le stazioni di stoccaggio e formulando all’Unione Europea una proposta affinché sia Bruxelles a negoziare vantaggiosamente il prezzo di acquisti massivi di materie prime poi da smistare verso i singoli Paesi aderenti alla Comunità UE.
Per intanto, i territori non restano a guardare e si muovono con ancora maggiore determinazione propositiva, essendo i più coinvolti e investiti dalla valanga tariffaria di cui le prime slavine si sono già manifestate con l’arrivo di bollettini che stanno inducendo più di una attività a conduzione individuale o familiare a valutare quanto meno una sospensione stagionale.
L’esempio della vicina Francia insegna: Draghi potrebbe muoversi come Macron, utilizzando lo strumento della persuasione e il ruolo di azionista strategico e di garanzia dello Stato, all’interno delle società energetiche nazionali Enel ed Eni, per vincolare le stesse a forniture temporanee a prezzi finali calmierati, operazione che oltralpe ha permesso di contenere lo shock degli aumenti in bolletta al 4 per cento, con uno stanziamento totale di 20 miliardi di euro nel bilancio del governo di Parigi. Da noi ne servirebbero dieci in più, di miliardi, poiché il nostro livello di diversificazione è molto meno avanzato.

In questo caso però il tempo non è un alleato: il presidente Banchieri rivolge un appello esteso alle istituzioni territoriali e locali che esercitano la governance e le linee di indirizzo strategico e operativo sulle società di public utilities e di servizio pubblico come Iren (che da tempo ha incorporato realtà come la ex Aem, l’azienda elettrica municipale di Torino), affinché utilizzino una parte dei propri ricavi e dell’extragettito più recente per accordare una rateizzazione delle bollette dovute da famiglie e piccole imprese, in alternativa al rischio – tragicamente più che concreto – che aumentino a dismisura i casi di insolvenza e di morosità incolpevole e di cessazione o fallimento di aziende, con perdite nette sia per enti come Iren, sia per il tessuto socio economico provinciale.

Una recente indagine ha evidenziato che Torino è la terza capitale d’Italia in fatto di livello di multe inflitte ai propri cittadini, e la pioggia dei rincari rischia – se il Comune e le società partecipate alzeranno le spalle in segno di resa – di farla ancora salire su questo triste podio. Soprattutto e in misura ineluttabile se per fare fronte agli aumenti – che colpiranno anche gli immobili municipali dei Comuni di tutta Italia per il mantenimento di luce e gas – si decidesse di coprire gli stessi con le famigerate addizionali tributarie. Al che Draghi sarebbe obbligato a mettere mano a un decreto che in via temporanea blocchi in parallelo le eventuali manovre in aumento sulla fiscalità decentrata.
L’editoriale di A.Z