Il 2022 del risparmio: potrebbe essere un anno complicato

Il 2022 si presenta un anno difficile per il risparmio che rischia di evidenziare la fragilità finanziaria di molti italiani ed evidenziare le esigue capacità nel gestire gli investimenti in un periodo complicato come questo con un’economia alle prese con la pandemia. I motivi di apprensione non sono pochi. Ma prioritario sono l’inflazione e il potenziale aumento dei tassi di interesse. Sarà infatti la corsa dei prezzi a mettere sotto pressione i nostri portafogli. Qualora l’aumento del costo della vita venisse ribadito ai valori di oggi, nei prossimi 10 anni rischieremmo di veder deteriorati 500 miliardi circa di risparmi giacenti sui conti correnti. Evidentemente si tratta di calcoli grossolani non sapendo come si comporterà concretamente l’inflazione.

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A dicembre 2021 il dato si assestava intorno al 4%. L’orientamento pare però essere questo come dimostra il repentino rialzo delle materie prime. Al di là delle costosissime bollette di gas ed elettricità un esempio su tutti. Ikea aumenterà in media i prezzi del 9%. È evidente che il rialzo dei prezzi dell’energia si ripercuote sui beni al consumo e i servizi, dalle imprese all’utente finale. L’effetto è l’avvio di una serie di conseguenze, come il restringimento della domanda e la crisi occupazionale. Se le aziende devono sopportare maggiori costi, difficilmente riusciranno a mantenere i dipendenti attualmente in forza in azienda.

Come si esce da questa situazione incresciosa? Dal punto di vista della politica economica, il mezzo più diffuso è l’aumento dei tassi, nonostante i rischi che comportano. Gli USA, fortemente colpiti dall’inflazione, annunciano di affidarsi a questo strumento. Diversa è la strategia della Ue che considera un’arma poco eloquente il rialzo dei tassi in una fase in cui la richiesta di denaro è la panacea per Stati, imprese e privati. Ma allora che cosa dobbiamo aspettarci per l’anno appena cominciato? Occorre navigare a vista e principalmente non lasciare i soldi nei conti correnti. La crescita frenerà man mano che diminuiranno le politiche fiscali espansive, i mercati subiranno una maggiore volatilità ma il nostro Paese continuerà a crescere.

Dott. Francesco Megna

Un altro dato sicuro: lo scontro tra gestioni attive e gli Etf si inasprirà. Dall’inizio della crisi economica, si è registrata una decisa movimentazione nei portafogli e i money manager si sono adattati ai cambiamenti, selezionando le imprese con ottime performance. Nella prima metà dello scorso anno, i gestori obbligazionari attivi hanno registrato una forte performance in un quadro di volatilità dei tassi supportati però da un contesto favorevole negli USA. In un contesto borsistico positivo, i money manager attivi hanno primeggiato nei confronti dei i loro omologhi passivi. Il quadro è poi mutato negli ultimi tempi con il riscatto degli Etf. Lo scorso anno l’indice S&P 500 ha sovraperformato. L ‘85% dei fondi attivi ha registrato performance inferiori all’ indice di Wall Street.

Lo scorso anno, le prime 10 società di Wall Street sono state responsabili per il 20% dei ritorni del mercato. L’apporto di Apple Amazon, Alphabet, Tesla e Microsoft è stato poco meno del 10%
Parecchi money manager si trovano davanti a un bivio: introdurre le big tech in portafoglio oppure no. Nel primo caso se non si bada alla diversificazione e ci si accosta all’indice, diventa più complicato chiarire i costi più ingenti. Nel secondo, aumenta la possibilità di fare peggio dell’S&P 500, rendendo meno accettabile la richiesta di maggiori commissioni. E così nel 2021 gli Etf hanno superato i mille miliardi di raccolta

La pandemia ha, comunque, permesso ad entrambi gli stili di gestione di dimostrare la loro capacità di fare risultato e di cogliere le opportunità, mentre la gestione degli Etf ha anche superato la prova di questa crisi senza grandi problemi di liquidità. La pandemia ha riportato in evidenza il ruolo differente di ogni stile di gestione. Sia una conduzione attiva che passiva svolgono un compito per ottimizzare la performance del portafoglio. Cosa aspettarsi dunque per l’anno in corso? Proseguirà l’avanzata dei replicanti, a meno di una disfatta delle big tech . Alcuni gestori si stanno specializzando in una nuova tipologia di prodotto: gli Etf attivi che hanno gli stessi vantaggi di pronta liquidabilità, ma se ne distinguono per l’intervento di un gestore nella costruzione del portafoglio.

Insomma, un’industria in continuo movimento, complice la necessità di adattarsi all’evoluzione dell’economia e degli algoritmi, diventati i re del risparmio. Con un occhio sempre attento però alla crescita dell’inflazione e ai titoli più sensibili all’aumento dei prezzi. Il 2022 sarà all’insegna delle azioni. I rischi sono dietro l’angolo, a partire dall’inflazione crescente, ma al momento sul mercato pare non esserci valide alternative all’equity. Per associare rendimento agli investimenti non ci rimane che il rischio, ma anche investimenti alternativi, e mercati privati (20,8%). Sicuramente nel Vecchio Continente e Cina.

Francesco Megna

Referente Commerciale in Banca

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