Piccoli negozi sotto stress tariffario: da Unioncamere il campanello d’allarme da non sottovalutare

Nel 2021 i servizi pubblici locali hanno trasferito sulle utenze non domestiche rincari a due cifre, premessa per un 2022 che scatena molte inquietudini. Le cause sono da rinvenirsi nel peso ancora troppo alto della componente legata ai costi fissi della bolletta, nella repentina ripresa della domanda per consumi e investimenti che si è accompagnata a manovre speculative su forniture e certificati di emissione, nelle imperfezioni palesi dei provvedimenti adottati finora nel tentativo di privatizzare o liberalizzare alcuni settori di utilities. Le risultanze dello studio eseguito da Unioncamere – la federazione nazionale delle camere di commercio – sul peso specifico dei costi tariffari sostenuti dal sistema delle PMI nell’arco del 2021, lanciano il campanello d’allarme al governo e alla classe politica per quello che di peggiorativo l’anno appena iniziato potrebbe riservare.

Andrea Prete è il nuovo Presidente nazionale di Unioncamere

Energia, gas, approvvigionamento idrico e ciclo dei rifiuti hanno inciso con un aumento medio del 20,3% sulle piccole e medie imprese non alimentari, mentre le aziende “no food” e ortofrutticole della stessa categoria dimensionale hanno subito un salasso “ridotto” a quasi il 9 per cento in più al confronto con il 2020 segnato da lockdown generalizzati e ancora dall’assenza di vaccini. La media parla di un rincaro di oltre 13 punti nelle bollette, rincaro che è stato possibile assorbire in parte consistente grazie alla perdurante vigenza dei provvedimenti straordinari introdotti nei mesi precedenti per garantire abbondanza di liquidità a condizioni molto agevole tramite un mix di fondo perduto, moratorie bancarie, aumento delle garanzie pubbliche sui finanziamenti creditizi, slittamento delle scadenze relative alle cartelle esattoriali. Misure sul cui rinnovo più o meno integrale si sta discutendo ancora in queste ore, a legge finanziaria di stabilità già approvata, in uno con un intervento aggiuntivo già annunciato dal Premier Mario Draghi per accrescere la dote del fondo salva-utenti dall’ondata di maxi rincari fin da ora tristemente ben visibile all’orizzonte.

Elettricità e gas naturale hanno rappresentato i due maggiori fronti di criticità, con aumenti tariffari per le PMI rispettivamente sopra il 15 e sopra il 22 per cento. Molto pesante è stato l’impatto della componente relativa all’acquisto e alla successiva commercializzazione della luce, con maggiorazioni nette addirittura sopra l’ottanta per cento, a conferma dei movimenti speculativi internazionali che hanno accompagnato la ripresa della domanda all’atto della riapertura delle attività economiche e sociali. L’approvvigionamento del gas ha invece imposto prezzi saliti fin sopra il 70 per cento, a causa della rarefazione degli invii di materia prima dal Nord Europa e della minore offerta di gas liquefatto.

Il servizio idrico ha applicato aumenti medi al di sotto della soglia del 12 per cento, comunque molto pesanti in forza del contesto generale di peggioramento di tutti i costi indispensabile alla ripartenza della totalità e generalità dei settori produttivi e terziari: a incidere nel caso specifico, il costo degli interventi strutturali necessari a modernizzare la rete idrica di captazione, distribuzione e depurazione, e i provvedimenti assunti in applicazione del decreto Ronchi che prescrive – nonostante l’esito referendario a favore della gestione pubblica dell’oro blu – azioni territoriali di graduale parificazione tra il livello della tariffa e quello degli oneri strutturali e gestionali dei soggetti gestori.

I ministri Cingolani e Giorgetti sono chiamati a disinnescare in via definitiva la mina dei maxi rincari minacciati dal nuovo anno appena iniziato

Le notizie migliori giungono dal fronte del ciclo integrato dei rifiuti, con rincari massimi entro la soglia del 2 e mezzo per cento nei Comuni capoluogo di Regione, ferma rimanendo una situazione che permane molto diversificata e frazionata a livello geografico in funzione del maggiore o minore grado di recepimento della direttive europee in tema di raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata, recupero e riciclo e di riduzione del conferimento in discarica.

Più in generale, va detto, il quadro tendenziale incrementale dei costi tariffari deve essere inteso come il riflesso di processi riformatori incompiuti o imperfetti che, dalla seconda metà degli anni Novanta del secolo scorso a oggi, hanno interessato in fasi e con intensità diverse i settori delle public utilities, nel segno di quegli obiettivi proclamati di liberalizzazione e di privatizzazione che hanno condotto tuttavia, da un lato, alla formazione di monopoli di fatto dal lato dell’offerta e, dall’altro, a un sistema di gestioni che rimane eccessivamente polverizzato nei singoli territori e come tale tuttora più oneroso di quel che dovrebbe essere per le utenze finali.

Un doppio campanello di allarme, per il governo Draghi, poiché è questo lo scenario istituzionale e amministrativo diffuso lungo tutto lo Stivale e le Isole e che si appresta a rivestire delle responsabilità di rilievo per quel che riguarda l’assegnazione e il vincolo di coerente e completo utilizzo dei fondi del Pnrr relativi alla transizione ecologica, digitale ed energetica.

A.Z

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